Fatica fisica e fatica mentale. Come funzionano?

Per l’italiano, più che per ogni altro europeo, l’estate significa l’agognato periodo di vacanza dopo 11 mesi di lavoro. Due, tre settimane di meritato relax sotto l’ombrellone sono l’obiettivo per quasi tutti noi.

Eppure a livello scientifico questo periodo non è riposo.

Molti credono che la stanchezza sia un fenomeno cumulativo. Secondo l’accezione comune una persona che lavora si stanca.Partendo da questo presupposto più lavora e più è stanca, andando fino ad esaurimento delle proprie forze mentali e fisiche.

Questa concezione di stanchezza è come una sostanza che si accumula sempre di più all’interno del nostro organismo, mese dopo mese, nello stesso modo di un liquido dentro un contenitore.

Ad un certo punto, perlopiù tra giugno e luglio, guarda caso la gente inizia a dire: “ho bisogno di riposo”. Quindi smette di lavorare (andando in ferie) e nell’ozio si immagina che la stanchezza a poco a poco si sciolga, come un iceberg gigante che si sposta lentamente verso sud, incontrando la calda corrente del Golfo.

In questa metafora la diminuzione della stanchezza corrisponde all’innalzamento di un’altra sostanza, detta “energia”, che va immagazzinata perché duri, come i grassi di un animale prima del letargo invernale, per tutto il successivo anno di lavoro.

Bene, questo quadretto è totalmente falso.

La stanchezza non è una sostanza che si accumula nell’organismo, ma è uno stato d’animo, un fenomeno psicologico, perlopiù prodotto dalla noia. Fateci caso: la prossima volta che sentirete “salire la stanchezza” prestate attenzione a quello che vi accade intorno. Vi state annoiando oppure divertendo?

Se la conferenza, il corso o la cena di parenti o amici a cui partecipate è noiosa le palpebre inizieranno a calare, il ritmo degli sbadigli si alzerà e guarderete all’orologio (o allo smartphone) con apprensione, sognando il momento in cui sarete a casa a “riposare”. Negli ultimi giorni di scuola o poco prima delle ferie si è sempre stanchi, non per un magico intervento divino, ma solo perché si è proiettati al futuro e si perde interesse per la routine quotidiana in via di chiusura.

Provate ad avere una prova, un test o un affare importante il giorno prima di andare in ferie e la musica sarà tutt’altra, sarete carichi di energie e la stanchezza sparirà magicamente.

La stanchezza non si accumula: va e viene secondo l’umore. Da un momento all’altro, se in una giornata noiosa (vedi=stancante) accade qualcosa che risveglia il nostro interesse, spunterà magicamente una nuova energia. Guardiamo ai bambini, che sembrano avere un’energia infinita quando giocano, mentre crollano appena li blocchiamo (e li facciamo annoiare).

Ora, tirando le conclusioni, direi che le vacanze rilassanti sono quelle dove si svolgono attività piacevoli e intense, secondo i nostri gusti. Per un appassionato di arrampicata o trekking non c’è nulla di più rilassante che scalare montagne o visitare luoghi impervi, ma anche senza la fatica fisica può risultare molto energizzante dedicarsi alla lettura, allo studio di un argomento che ci interessa (non obbligatorio, ma scelto da noi) o altre attività simili.

Il solo modo micidiale e dannoso per passare le vacanze è quello del non fare nulla, sbattuti sul divano o abbruttiti davanti alla TV ancora più ore rispetto al solito.

Questo ragionamento prescinde dalla stanchezza fisica, che può esserci sia quando lavoriamo che quando siamo in vacanza. È chiaro che se non si dorme per due notti di seguito perché si è fatto un after in discoteca, si hanno bambini piccoli, oppure se passiamo tutto il giorno a fare il trasloco o a correre in bici per cento chilometri saremo esausti, indipendentemente dall’interesse per quello che facciamo.

Il punto che voglio evidenziare è che il dolce far niente può andar bene, ma solo per periodi di tempo molto limitati: una ora, al massimo due una volta ogni tanto, per poi ripartire con energia ed entusiasmo verso una vita piena e gratificante.

Pinuccio Massaiu