Gestione delle persone “difficili” in azienda

Se sei un imprenditore avrai certo alcuni dipendenti e magari anche soci o collaboratori. Nel mio campo specifico ho assieme a me, che lavorano all’interno del mio studio, oltre venti persone tra dipendenti e collaboratori a partita IVA.

Per questo motivo oggi mi focalizzerò su un tema importante e molto impegnativo per l’imprenditore: come gestire le obiezioni dei collaboratori.

I “no”, palesi o velati (spesso da scuse o da atteggiamenti scorretti) sono un’esperienza comune ad ogni imprenditore. È difficile che un dipendente dica esattamente “No dottore, questo proprio non lo voglio fare”. Perciò il “no”, nella maggior parte delle volte, si manifesta in altre forme. Nella mia esperienza oramai ho maturato la pratica e le conoscenze per riconoscerli.

Ad esempio dicendo “si” e poi dimenticando quanto richiesto, oppure prendendo tempo in attesa che qualcun altro (un dipendente più attento, un responsabile oppure il titolare stesso) risolva tutto.

Un’altra manifestazione tipica di obiezione velata è quando il dipendente o il collaboratore ha sempre da discutere quando gli si dà un ordine. Queste non sono mai critiche costruttive, motivate dalla voglia di perfezionare l’idea e raggiungere migliori risultati, bensì di lamentele, scuse e piagnistei, insomma il classico “muro di gomma” che punta a scoraggiare il titolare nel chiedere qualcosa che il collaboratore non ha assolutamente voglia di fare.

Nel tempo mi sono accorto quanto sia importante l’aspetto impalpabile della gestione del personale e dei collaboratori, che è uno dei pilastri del successo di ogni attività imprenditoriale. E di quanta energia positiva determina avere un bel rapporto tra me e ogni dipendente o collaboratore.  Se andassi avanti occupandomi solo e unicamente delle visite e delle cure, trascurando il rapporto umano e professionale con il mio team, perderei il polso della situazione.

È una scena che ho vissuto e che mi viene raccontata spesso da colleghi o amici imprenditori in altri campi: si inizia a odiare quello che si fa, ci si lamenta sterilmente delle persone che lavorano per noi (per me sterilmente significa che ci si vuole solo sfogare emotivamente, senza voler trovare una soluzione). Questo porta ad avvelenare il clima globale e l’azienda non cresce più, ma anzi pian piano entra in crisi.

L’approccio corretto non è quello.

Punto primo, bisogna imparare a sedersi a mente fredda e fare ogni tanto quello che io chiamo “il punto nave”. Sapere dove l’azienda è arrivata e come. Studiare il profilo emotivo di ogni componente dell’equipaggio e capire chi ha lavorato bene per arrivare a dove siamo oggi. A questo punto si tracciano le conclusioni, e si vede chi rema contro e chi rema a favore.  

Chi rema contro è il protagonista negativo di questo articolo, e quando individuato bisogna farsi alcune domande.

  • Quale ruolo ricopre in azienda?
  • Quando è stata assunta?
  • Da quanto tempo lavora con me?
  • Prima era diversa ed è cambiata o è sempre stata così e io non me ne ero accorto? 
  • magari sono cambiato io e la persona non è in grado di seguire il mio cambiamento?

Da queste domande partirà il vero lavoro da imprenditore, in qualsiasi campo operi. Tu sei bravo a fare il tuo lavoro, ciò che ti ha portato ad avere una azienda in espansione. Ma a questo punto ti troverai davanti ad un altro tipo di sfida: non più con il mercato o con i clienti, ma con l’ambiente interno della tua azienda, con le persone che fanno quotidianamente parte della tua vita.

L’imprenditore deve avere il coraggio di farsi quelle domande che gli altri non si fanno, andare a trovare le risposte (soprattutto quelle scomode) e mettere in pratica le azioni per risolvere i problemi che ha scoperto.

In azienda non può esistere una leadership democratica, perché non funziona. L’azienda deve essere governata come una monarchia illuminata, tale che il leader possa fare in libertà delle scelte difficili, non sempre condivise dal gruppo ma necessarie per mantenere la prosperità dell’azienda e il futuro delle persone che ci lavorano.

Questa è un’altra verità scomoda e poco conosciuta, perché nella nostra società del politically correct in cui impera il buonismo, si preferisce lasciar passare gli atteggiamenti sbagliati giustificando le persone e scusando chi ha comportamenti non etici nei confronti della azienda o dell’imprenditore.

La vera soluzione per iniziare a stare bene è capire quale sia la persona che è (o è diventata) “tossica”, e porre rimedio con azioni che salvaguardino il benessere delle persone che credono nella tua azienda.

Come titolare hai il dovere di fare tutto quello che è in tuo potere per aiutare il collaboratore a superare i suoi limiti, a migliorare e a sposare la causa dell’azienda, ma c’è una linea di confine che, se oltrepassata, deve indicare la fine del rapporto. Quella linea si scavalca quando quest’ultimo decide di remare contro l’obiettivo del gruppo, danneggiando gli altri.

In tal caso, per quanto sia una cosa che ti farà star male e che vorresti procrastinare sperando si risolva da sola, devi farla! Quando? Il prima possibile. Affronta le situazioni che ti fanno paura e sistemale subito.

Pinuccio Massaiu