Giustificare troppo i nostri figli a scuola li aiuta o no?

Ve lo anticipo già. Questo articolo andrà a toccare i nervi scoperti della nostra visione sociale politicallycorrect. È stato scritto proprio per smuovere le coscienze e, questa è una mia speranza, far nascere un dibattito sull’argomento.

Da alcuni anni mi capita di parlare con tanti insegnanti che si lamentano della difficoltà sempre maggiore a gestire, motivare e insegnare in classe. Che siano elementari, medie o superiori, pare che i nostri ragazzi siano sempre più svogliati. Non sempre è un problema di maleducazione, ma pare che la maggior parte degli studenti si sia abituata sempre più a fare il minimo indispensabile, a calcolare il debito a fine anno e come recuperarlo con il facile esamino di settembre, in attesa di una promozione sempre più stanca e forzata.

A questo si aggiunge una sempre più alta incidenza del numero di bambini e ragazzi a cui vengono diagnosticati disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), che alterano ancora di più la qualità dell’insegnamento in classe.

Guardando i dati dell’Istituto Superiore della Sanità questa sindrome sta diventando una vera e propria pandemia. La DSA è una delle più comuni e frequenti patologie inviate ai servizi sul territorio. Nel 2011 la sua incidenza nella popolazione scolastica italiana oscillava tra il 2,5 e il 3,5%, ma dati più recenti hanno indicato una percentuale tra il 5 e il 10% (con punte, in alcune aree del paese, tra il 20 e il 30%) tra i nostri ragazzi.

Rientrano all’interno della DSA i problemi legati alla difficoltà di leggere, scrivere o fare di conto. È considerata una patologia associata a disturbi emotivi o comportamentali e si configura condeficit di attenzione o di iperattività,atteggiamento scontroso, brutta condotta e nei casi più gravi perfino di depressione o ansia.

Non voglio parlare di DSA dal punto di vista scientifico, in quanto non mi occupo di neuroscienze o di psichiatria. Sono invece preoccupato da quello che succederà dopo la scuola. Io non so secondo che parametri si diagnostica un disturbo dell’attenzione, ma come medici, genitori o insegnanti stiamo veramente facendo un favore ai nostri figli con questa esplosione incontrollata di attenzioni e giustificazioni?

In base alla legge 170 dell’08/10/2011, in presenza di diagnosi di DSA, la scuola è tenuta a formulare un piano didattico personalizzato, che prevede l’attuazione delle misure e degli strumenti compensativi e dispensativi necessari per il bambino/ragazzo. Tutto questo non solo durante l’anno scolastico, ma anche in sede di esami finali.

Le strategie compensative sono:


– uso di libri parlanti
– registrazione su nastri delle lezioni
– uso di un lettore
– libri in formato digitale
– uso di cd rom
– uso del computer per scrivere
– uso della tavola pitagorica e della calcolatrice
– uso di mappe concettuali

I professori sono tenuti anche ad attuare strategie dispensative:


– tempi maggiori per l’esecuzione dei compiti scritti, anche durante gli esami finali
– possibilità di effettuare le verifiche oralmente
– carico minore di attività
– uso dei foglietti scritti e fotocopiati per fare scrivere i compiti ai bambini invece di copiarli dalla lavagna o di scriverli sotto dettatura
– leggere a mente e non ad alta voce
– valutazione delle prove scritte ed orali con modalità che tengano conto del contenuto e non della forma, non correggendo gli errori di tipo fonologico nella scrittura

È essenziale inoltre che tali misure siano discusse e concordate tra lo psicologo e il neuropsichiatra che fanno la diagnosi, il terapista e gli insegnanti perché si costituisca una rete intorno al bambino e si adotti un approccio omogeneo.

In base a quello che avete letto vorrei sottoporvi due ordini di problemi ai quali mi piacerebbe rispondeste con la massima sincerità.

1) Con tutte queste misure cautelative, che creano una campana di vetro intorno al ragazzo, non andremo ad indebolire ancora di più la sua autostima (immaginate come verrà visto dagli altri compagni, in un’età dove il giudizio del gruppo è molto forte) e la sua voglia di impegnarsi nel futuro?

2) Un ragazzo che passa tutta la scuola dell’obbligo grazie alla DSA o alle sempre maggiori giustificazioni che si concedono anche agli studenti, che speranze avrà all’università (dove tutto questo sparirà) e, peggio ancora, nel mondo del lavoro?

In un’epoca dove la competizione sull’accesso nel mercato professionale è sempre più serrata, un ragazzo che ha passato quasi tutta la vita aiutato da altri come potrà costruirsi un futuro?

Chi vorrebbe mai assumere una persona che a curriculum ha un periodo di formazione scolastica con indicato un disturbo dell’apprendimento, che secondo neuropsichiatri e psicologi comporta demoralizzazione, scarsa autostima, basse capacità relazionali, cattiva condotta, carattere difficile, poca attenzione o iperattività?Il discorso vale anche per i ragazzi con voti molto bassi alla maturità, che non si sono laureati in tempo o hanno cambiato mille volte corso di studi.

I nostri figli non devono essere aiutati schermandoli in tutto e per tutto, ma al contrario vanno spronati a sbagliare, a mettersi in gioco, a confrontarsi con esempi migliori e più difficili, non con quelli più facili. Tra i sei e i diciotto anni si sta plasmando l’essere umano che, con la maggiore età, dovrà cavarsela da solo nella vita.

Come possiamo aspettarci di avere uomini e donne mature se concediamo così facilmente giustificazioni e attenuanti ai loro piccoli fallimenti e problemi?

A venti, trenta o quarant’anni saranno ancora parcheggiati nelle case dei genitori, perché il mondo è ingiusto, oppure perché, quando dovevamo fare i genitori, gli insegnanti o gli educatori, non abbiamo avuto il coraggio e la forza d’animo di spronarli, seguirli e insegnare loro che, se in futuro vorranno qualcosa, questa non pioverà loro dal cielo, ma se la dovranno guadagnare con impegno, duro lavoro e forza d’animo?

Pinuccio Massaiu