La mia personale versione della storia degli spaccapietre

Esiste una sostanziale differenza tra essere qualcosa e fare qualcosa. Per non perderci in lunghe diatribe filosofiche ti voglio raccontare una storia e mostrare quello che per me è il suo significato.

C’è un saggio che sta camminando per la sua strada assieme al suo apprendista. Sono alla ricerca della fonte dell’ispirazione e per documentarsi interrogano le persone che incontrano sul loro cammino.

Ad un certo punto passano vicino ad un uomo che sta battendo con un piccone dei sassi, spargendo schegge tutto intorno. Il maestro gli si avvicinò e con gentilezza chiese “Buon uomo, che cosa state facendo?”. Questi si deterse la fronte dal sudore, scoccò un’occhiataccia al suo interlocutore e sbottò “Non lo vedi, vecchio? Spacco pietre!”.

Detto questo i due viandanti proseguirono un poco e trovarono un altro uomo intento a raccogliere rozzi massi squadrati. Il maestro gli si avvicinò e chiese ancora cosa stesse facendo e questi, con un mezzo sorriso stanco, rispose “Procuro pietre da vendere per guadagnare i soldi che mi servono a mantenere la mia famiglia”.

Il saggio lo ringraziò e con il suo allievo fecero ancora un po’ di strada, fino a quando incontrarono un altro uomo che, fischiettando un motivetto, sistemava con cura delle pietre intagliate e pulite su di un carretto. Questi, alla domanda del vecchio rispose con un largo sorriso “Sto partecipando alla costruzione di una cattedrale!”.

A questo punto il saggio parve soddisfatto e si sedette, mentre l’allievo, che non aveva colto quanto era successo, gli domandava “Maestro, come mai ci siamo fermati?” ed egli rispose “Perché abbiamo trovato il segreto dell’ispirazione. Cosa pensi stessero facendo quelle tre persone che abbiamo incontrato?”

Il giovane rimase assorto e ipotizzò che uno faceva lo spaccapietre, l’altro era un piccolo commerciante e infine l’ultimo era l’assistente di un architetto. Il maestro scosse la testa e disse “Hai visto le loro mani? Erano piene di calli e piaghe, segno che tutti loro di mestiere fanno lo spaccapietre. Quello che li differenzia è la motivazione per cui lo fanno, talmente diversa una dall’altra da farli sembrare uomini con professioni diverse.

Il primo è interessato al salario giornaliero che porta a casa in cambio di fatica e sudore, non ha altre forze a spingerlo e odia sé stesso e gli altri per la vita grigia che sta sprecando.

Il secondo è superiore al primo, perché quello che fa lo compie per le persone a lui care. Per questo motivo è in parte felice e in parte triste, perché se potesse guadagnare in altra maniera la stessa somma farebbe altro.

Solo l’ultimo uomo è felice, perché nell’umiltà del suo compito di spaccapietre ha trovato la scintilla dell’ispirazione, rendendosi conto che grazie al suo apporto si compirà un’impresa superiore a lui e agli uomini del suo tempo, come la costruzione di una cattedrale”.

Questa bellissima storia che mi ha colpito tanti anni fa, ci porta alla domanda di questo paragrafo. Tu sei un dentista o fai il dentista? Molto spesso chi viene instradato in alcuni percorsi universitari come legge, medicina, ingegneria od odontoiatria viene spinto da motivazioni venali, tipo “Così ti assicuri un buon futuro (economico)”.

Questo, se forse valeva un tempo, ora non lo è più. Aggiungo anche che una vita passata in una professione che non ti motiva se non con il guadagno è una vita grigia, piena di scompensi e recriminazioni che affiorano di tanto in tanto e che spesso sfociano in depressione o peggio malattie.

Perciò la prima cosa da fare è sentirsi un dentista. Incaricato di una missione più ampia come il curare le persone, il donare loro la felicità, il benessere, la serenità. Sembra un esercizio stupido, ma prenditi la briga di sederti e di pensare un attimo a come stai impostando il tuo lavoro, quali sono le tue finalità.

Se la risposta è “Tiro a campare” è normale che le cose non stiano andando tanto bene…

Pinuccio Massaiu