Riflessioni sulla crisi. Alcuni miti da sfatare

“The dictionary is the only place that success comes before work. Work is the key to success, and hard work can help you accomplish anything”

Vince Lombardi

Questa bellissima frase del grande allenatore di football americano Vincent Thomas Lombardi farà da cornice a questo articolo, che si propone di smantellare le giustificazioni più comuni che usano le persone per lamentarsi invece che agire per migliorare la loro vita.

Ma che cosa vuol dire? Traducendo letteralmente avremo “L’unico posto dove il successo (success) viene prima del lavoro (work) è il dizionario. Il lavoro è la chiave del successo e il lavoro duro può aiutarti a raggiungere qualsiasi risultato”.

Eppure, al giorno d’oggi esiste la crisi, diranno in molti. Il lavoro non si trova, quindi non posso fare un “duro lavoro” e ottenere alcunché. Figuriamoci quindi ottenere grandi risultati!

Ma fermiamoci un attimo a riflettere. Questa crisi esiste sul serio, perlomeno nel modo generalizzato in cui viene presentata su giornali e televisioni? Partiamo da una prima affermazione: “Non ci sono più soldi”. Andiamo allora a vedere i consumi delle famiglie italiane.

Nei ruggenti anni ’90 chi aveva un cellulare? Quasi nessuno. Ora si vedono anche bambini di tre anni con un tablet tutto loro per vedere i cartoni animati. Bambini e adolescenti hanno tutti come minimo uno smartphone con annessa connessione internet (10 euro mensili a testa?) e mi capita spesso di vederli buttati al bar a fare l’aperitivo a 16-18 anni. Dai 14 anni molti ragazzi si procurano il motorino e non è raro che ottengano la macchina a 18. In più viaggiano, certamente con voli lowcost, ma alla fine dovete contare il mangiare e il dormire fuori, e anche un B&B ha il suo costo.

Io alla loro età non avevo cellulare, mezzo di locomozione e forse potevo prendermi una pizza con gli amici una volta alla settimana (con l’acqua, niente birra che in un locale costava troppo). Di viaggi manco a parlare, se non a vedere i parenti con la macchina dei miei genitori. Eppure, mentre negli anni ’70-’80 tutti lavoravano, ora pare che quasi nessuno lo riesca a fare.

Quindi c’è qualcosa di profondamente distorto. Com’è possibile che ci possiamo permettere consumi come gli attuali se, a quanto si dice in giro, la crisi dilaga, le aziende chiudono e i posti di lavoro evaporano?

Chiariamo una cosa, quello che sta sparendo è il lavoro a cui ci hanno abituato i nostri genitori: era fisso, a tempo indeterminato, si cresceva solo in anzianità di servizio, ai avevano le ferie e i permessi pagati, la pensione e il TFR. Insomma, stiamo parlando del lavoro dipendente.Non avete mai sentito la frase “Ti fai assumere in banca che è un posto sicuro e dura tutta la vita, poi ti compri la casa (con un bel mutuo trentennale!) e ti sposi”. Eccolo là il sogno delle generazioni passate. È un sogno, per l’appunto, passato.

Il mondo, che ci piaccia o no, è mutato profondamente. Ma non è una questione di crisi, piuttosto di selettività. Il mondo che viviamo ora non permette più la mediocrità. Con mediocrità intendo lo stipendio medio (e sicuro), con orario di lavoro medio e un grado di competenza media, con poche o nulle responsabilità. La formazione, in questi casi, non c’è (oppure sono noiosissimi e inutili corsi obbligatori per prendere crediti professionali) e l’unica ansia si ha appena si entra nel mondo del lavoro, quando si spediscono migliaia di CV a destra e a manca, sperando nella tanto agognata assunzione.

Una volta presi, con un bel contatto a tempo indeterminato, ci si siede per sempre, facendo il minimo indispensabile per mantenere il posto fino alla pensione. Ecco, è questo atteggiamento psicologico delle persone che, unito alla crisi finanziaria globale che non permette più gli sprechi di prima, ha generato la selettività del mondo attuale.

Le aziende che pensano con le logiche degli anni ’70-’80, che non incentivano i dipendenti a formarsi, a pensare come dei liberi professionisti, a dare l’anima per il posto in cui lavorano, stanno morendo. Il loro atteggiamento buonista, che ai dipendenti piace (così non hanno rotture di scatole), alla lunga le porta a fare tagli al personale e, nel peggiore dei casi, a chiudere.

Noi in studio non stiamo mai fermi. In media tra me i miei dipendenti facciamo dozzine di corsi all’anno su temi clinici ma anche di crescita personale, gestione del tempo, marketing, vendite, comunicazione efficace. Per farlo sacrifichiamo week-end, facciamo viaggi fuori dall’isola, investiamo energie e risorse importanti.

Ed è questa la marcia in più che ci permette di crescere e di eccellere in questo tempo, indicato da tutti come un momento di crisi profonda.

Perché la crisi non esiste. Esiste solo il cambiamento. Lo stiamo affrontando in maniera pro-attiva o lo stiamo subendo in maniera passiva?

PinuccioMassaiu