Il dipendente è il socio di minoranza dell’impresa

Questa frase è stata coniata da mio figlio Alberto, e racchiude dentro una grande verità legata al cambiamento che sta avvenendo nel mondo del mercato del lavoro moderno. Sino a pochi anni fa soprattutto qua in Italia la stragrande delle persone erano alla ricerca del cosiddetto (e tanto preso in giro dal comico Checco Zalone) “posto fisso”. Stava a significare che una volta acquisito uno stipendio a tempo indeterminato, a qualunque età raggiunto, l’obbiettivo della vita era stato conquistato. Bastava rispettare l’orario di lavoro, cercando di faticare il meno possibile all’interno delle ore fra entrata e uscita, cercando di arrivare sereni all’età pensionabile, per concludere degnamente il ciclo della vita.

Ora non è più così, è finita l’età del bengodi. I nostri genitori si hanno “mangiato tutto” e l’etica del lavoro, come cardine della vita, ha ripreso il posto che si merita nella realtà di ognuno di noi. Eppure, il nostro paese è ancora affollato di persone predisposte a pontificare come se fossero loro i soli a conoscere il sacro verbo del “diritto al lavoro”, sempre pronte a mettere avanti diritti, scordandosi non dico dei dei doveri, ma semplicemente di come funziona oramai la realtà.

La realtà non è lo Stato con i suoi posti pubblici, con lo stipendio pagato un tot all’ora.

La realtà, nel mondo privato, è far quadrare i conti ogni fine mese.

La realtà, nel mondo privato, è soddisfare pienamente chi si rivolge a noi. Sorprenderlo con le nostre attenzioni, essere sempre disponibili anche quando vorremo essere altrove. Perché nel mondo dell’economia delle piccole e medie imprese la competizione è costante e qua non ti protegge nessuno, men che meno lo Stato (che anzi spesso gioca contro e ti usa solo come bancomat).

Il lavoro dell’imprenditore è uno dei più difficili al mondo. Alla clientela devi fornire un servizio al top della qualità con la costante massima cortesia e professionalità, devi avere un flusso costante di incassi per pagare regolarmente i fornitori, devi occuparti che ogni singola carta, regola o balzello logico o illogico legato al mondo della burocrazia sia in regola, ricordando ogni tipo di scadenza per pagare enti pubblici e privati che svolgono periodici  controlli spesso inutili solo per rilasciarti un foglio timbrato che certifichi che tutto è a posto, devi confrontarti continuamente con il commercialista e il consulente del lavoro per monitorare la contabilità e controllare che i contratti del personale siano costantemente aggiornati, visto quanto in fretta cambiano le leggi e i regolamenti dello stato.

Oltre a questo devi fare in modo che nuove persone vengano a conoscerti (tradotto = impostare una costante strategia di marketing) e ugualmente devi mantenere chi già è tuo cliente mediante un’attenta opera di fidelizzazione.

Eppure, eppure… tutto questo viene spesso dimenticato da alcuni dipendenti o collaboratori, che, dall’alto della loro esperienza nel mondo dell’imprenditoria (tradotto = ironia) pensano che tutto sia loro dovuto e che il loro stipendio nasca dalle ore che passano seduti sulla scrivania o a presenziare per il negozio o il luogo di lavoro.

Mi permetto di chiarire il punto: lo stipendio, come diceva Henry Ford, nasce dai clienti soddisfatti e felici. Lui diceva: “Non è l’azienda che paga i salari. L’azienda semplicemente maneggia il denaro, è il cliente che paga i salari”.

Io aggiungo che i clienti pagano i salari solo se vengono interessati dal nostro modo di comunicare all’esterno, se vengono trattati come signori quando vengono a trovarci, se vengono sorpresi e coccolati da ogni nostra attività. Ancora, lo stipendio nasce da un’attenta organizzazione e gestione di parti meno emotive ma altrettanto importanti, come quella finanziaria, contabile e dalla corretta gestione del personale.

Non è un procedimento semplice e immediato, richiede che non solo il titolare, ma anche i suoi dipendenti e collaboratori vi partecipino attivamente. Ecco cosa si intende quando diciamo che il dipendente si deve sentire “socio di minoranza” dell’azienda in cui lavora. La sua presenza nel mondo del lavoro nasce da una gran serie di fattori dei quali LUI deve sentirsi responsabile. Perché è parte importante del processo che porta al successo la SUA azienda e che gli permette di vivere una vita serena adesso, con un futuro concreto ben in vista.

Ho la fortuna (e un po’ anche il merito), di aver selezionato e creato nel tempo una squadra eccezionale che mi supporta di dipendenti e collaboratori, che pensano anche un po’ da imprenditori, che si impegnano duramente e mi danno un gran sostegno, sia nei momenti più luminosi come in quelli più bui. In studio si respira un’aria di benessere e positività che fa sì che le ore passate nel luogo di lavoro siano egualmente colme di soddisfazione, come quelle passate in famiglia o nel tempo libero.

Se ogni imprenditore si impegnasse a organizzare la propria struttura su queste basi, e si circondasse di persone serie, gioiose e ottimiste che vogliono condividere insieme un momento della strada della vita, sentendosi compartecipi dello stesso fine, non esisterebbe crisi in nessuna azienda italiana. Come dice un caro amico e formatore, Paolo Ruggeri, non costruire un’azienda senz’anima!

Ricorda che niente è scontato e niente è dovuto. Il lavoro va conquistato, poi conservato, protetto e custodito, perché è la base della vita di ognuno di noi.

Pinuccio Massaiu