COME GUARDIAMO ALLA CRISI?

Che cosa intendiamo per crisi? In genere viene identificata come un momento drammatico che colpisce di tanto in tanto le vite delle persone. La radice della parola viene dal greco krisis, che di per sé indica un forte cambiamento, traumatico o stressante, di un individuo o di una società.

Eppure, il suo significato più arcaico viene dall’agricoltura e riguarda la separazione, svolta durante la trebbiatura, del grano dal resto della non commestibile paglia. In questa accezione krisis significa semplicemente “scelta”, il separare il meglio dagli scarti della lavorazione.

Questa definizione di crisi è a nostro parere molto più positiva, in quanto ci responsabilizza. Perché affermiamo questo? Perché in periodi difficili i mediocri tenderanno a confondersi nella massa di coloro che si lamentano, non agiscono e per questo subiscono, mentre i migliori sapranno cogliere le opportunità che questa più ardua situazione apre davanti a loro.

Molti hanno l’errata percezione che la crisi sia come un brutto temporale: arriva, fa dei danni, ma prima o poi passa, riportando le cose alla normalità precedente. Purtroppo, per chi sposa questa visione, non vi è nulla di più errato. La crisi sta semplicemente ad indicare un cambiamento, un mutamento di tutta una serie di aspetti che possono essere sociali, economici o politici, che renderanno il mondo di volta in volta differente dal precedente. È nell’ordine delle cose. Nulla rimane invariato, proprio come affermava il filosofo Eraclito, “Panta rei” ovvero “Tutto scorre”.

Il mutamento è condizione inscindibile della vita stessa, che è portata fisiologicamente ad evolvere.

I problemi che la nostra società e il mercato stanno affrontando si basano su tre elementi critici:

  • Problema dei media: la paura e l’ignoranza di quanto avviene intorno a noi sono potenti armi di controllo. Giulio Cesare ha una volta affermato che “Non bisogna aver paura che della paura stessa”, questo perché il timore è il più grande paralizzante che esista in natura. Basta pensare che le più feroci dittature e i sistemi più autoritari hanno sempre utilizzato in abbondanza questo strumento.
  • Problema dell’istruzione: il sistema educativo è troppo spesso incentrato su un modello sbagliato dove, attraverso una procedura mnemonica, si cerca di imporre a tutti di imparare le stesse cose, allo stesso modo e attraverso gli stessi comportamenti. Per fortuna non tutti i nostri insegnanti sono così, ma bisogna sempre stare attenti a non cadere in questa trappola, chetende a trasformare un bambino in un automa uguale agli altri.La conoscenza dei contenuti è per certo importante, ma è cruciale il coltivare la creatività e soprattutto la libertà di pensiero e di sperimentazione. Sperimentando si possono fare degli errori, ma è dagli errori e dalla loro correzione che si impara più rapidamente.
  • Problema del senso debilitante del benessere:per nostra fortuna viviamo nella parte del mondo che, perfino durante questa difficile congiuntura economica, risulta essere la più prospera, libera e aperta. Il benessere porta però,insita dentro di sé, una rischiosa controindicazione che si manifesta sul lungo periodo.Come hanno dimostrato i grandi imperi e i potentati del passato, un protratto periodo di floridezza conduceinevitabilmente ad un rilassamento dei costumi, delle tradizioni, degli alti valori che hanno portato una civiltà ad affermarsi. Sembra un concetto assurdo e, diciamocelo, che sconfina nel masochismo puro, eppure è una costante storica.L’uomo da il meglio di sé proprio durante le carestie, le pestilenze, le guerre e le calamità, proprio perché lo spirito di sopravvivenza lo spinge ad utilizzare al meglio le sue migliori capacità, mentre tende a languire e corrompersi quando va tutto troppo bene.

Perciò qual è la risposta finale alla nostra domanda iniziale? Cos’è, alla fine, la crisi?

La crisi è il nostro banco di prova, come individui o come popoli. Nella crisi le differenze tra i caratteri, ma sopratutto tra la determinazione delle persone, viene enfatizzata. La crisi agisce come un’immensa lente d’ingrandimento, evidenziando le nostre carenze ma anche i nostri punti di forza.

Vilfredo Pareto, economista e sociologo italiano, aveva elaborato una legge di distribuzione statistica detta “Principio di Pareto” oppure “Principio della scarsità dei fattori”, il cui succo sta nell’affermazione che “La maggior parte degli effetti è dovuto ad un ristretto numero di cause”. Tale rapporto era fissato in 80/20, che può essere letto,ad esempio, con il fatto che l’80% della popolazione di un paese verrà guidata dal 20% della stessa, oppure che l’80% della ricchezza mondiale sarà detenuto dal 20% degli uomini e così via.

E tu dove vuoi stare? Preferisci non rischiare e rimanere nella massa che subisce il capriccio del fato, oppure vuoi stare in quel 20% che ha il pieno controllo della sua vita e del suo destino? La risposta la puoi dare solo tu.

Pinuccio Massaiu