Riflessione sul capitalismo di Max Weber

Max Weber, cento anni fa, ha azzeccato perfettamente come è nato il vero capitalismo.

Le sue parole sono attuali anche ai nostri giorni e dovrebbero far riflettere soprattutto il piccolo-medio imprenditore italiano, perché descrivono proprio quello che è successo alla nostra economia che prima ristagnava nell’ozio e nel benessere senza fatica e ora si è fatta più competitiva.

Leggi questo passo del suo libro “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo” e fammi sapere cosa ne pensi nei commenti:

“Nel mondo tradizionale di fare impresa il guadagno era discreto, si aveva tutti un decoroso stile di vita, senza sbalzi o eccessive preoccupazioni. Nei periodi di buona si metteva da parte un piccolo patrimonio e vi era tolleranza tra gli agenti del mercato, che non si facevano concorrenza sulla base di un accordo di massima sui principi degli affari, la visita quotidiana al circolo comune e un boccale la sera in riunione, mantenendo un comodo stile di vita.

Questo era il modo tradizionale di fare profitto.

Ma ad un certo punto quest’agio venne turbato dall’iniziativa del figlio più giovane di un mercante (non all’introduzione di un rivoluzionario macchinario). Questi, invece che aspettare di comprare al mercato i tessuti (come facevano tutti) per poi smerciarli a sua volta, decise di recarsi di persona in campagna, scegliendo i tessitori migliori e assumendoli alle sue dirette dipendenze, impostando le modalità, i tempi e la qualità dei lavori da eseguire per lui in esclusiva (trasformando i contadini in dipendenti), occupandosi personalmente dello smercio, con un approccio diretto e personale con gli acquirenti finali (i consumatori, la parte che genera la maggior ricchezza, se gestita al meglio).

Il giovane imprenditore iniziò a ricercare nuovi clienti per allargare il suo business, fidelizzando vecchi e nuovi attraverso visite costanti con le novità dell’anno, adattando la qualità dei prodotti ai bisogni e i desideri dei suoi clienti, rendendoli sempre più gradevoli e appetibili ai loro occhi (non più beni di necessità, ma di godimento).

Innescava così il processo di razionalizzazione ed efficientamento del mercato, secondo la massima che “Chi non sale, deve scendere”, facendo crollare l’idillio che fino ad allora illudeva tutti i suoi competitor. Il precedente modello di business, placido e comodo, cedette così il passo ad un’austera e rigorosa sobrietà.

Questo è lo spirito del capitalismo”.

Pinuccio Massaiu