Quanto è confortante stare dentro al coro? Non si rischia nulla, non si litiga, non si viene messi all’angolo dagli altri. Cosa più importante di tutte, non si viene giudicati!
La paura del giudizio altrui è un retaggio antico del nostro animo, che risale al tempo in cui, nella preistoria, si sopravviveva grazie alla forza del gruppo. Essere espulsi dalla comunità era l’onta più grande. L’esilio, comminato dal consiglio degli anziani per aver violato le regole inviolabili che univano il proprio clan, era equiparabile ad una condanna a morte, perché difficilmente si sopravviveva a lungo da soli.
Per questo esiste, inscritto nel nostro DNA, una paura antica. È la paura ad essere giudicati per come siamo esteticamente, per quello che facciamo, per le idee che abbiamo, per le cose che diciamo. La maggior parte delle persone decide allora di uniformarsi alla visione comune.
Possiamo affiliarci ad un credo religioso a cui siamo stati educati fin da piccoli, ad una certa visione del mondo a cui ci ha abituati la scuola, la stampa o la televisione, o ancora ad un’ideologia politica (magari quella dei nostri genitori o dei nostri amici) oppure ad una sottocultura musicale (punk, gothic, alternativa).
Questo riconoscerci in un gruppo dove stanno anche altre persone, il parlare la stessa lingua, il condividere le stesse idee ci fa sentire “più sicuri”.
Il problema della sicurezza e del rischio l’abbiamo già visto assieme in un altro articolo del nostro blog, ma quello che voglio rimarcare oggi è il pericolo di farsi assorbire troppo dalla corrente di pensiero dominante del nostro tempo.
Questa “cultura” è stata forgiata da chi ci educa, ci informa e ci governa con un solo scopo: adeguare le persone ad un stereotipo controllabile. Scuola, religione, televisione, università, giornali, economisti e politici, insommatutti coloro che cercano di condizionare il nostro modo di pensare attraverso la somministrazione di una verità assoluta, presentandola come l’unica esistente.
Questo perché loro hanno paura che si crei un pensiero libero. Chiariamoci, per pensiero libero non intendo chi dice “Faccio quello che mi pare e chissenefrega degli altri”, perché quello è solo un egoista. La persona libera è consapevole, sicura della sua indipendenza e animata da una potente etica. Sa che ha dei doveri verso se stesso, verso gli altri (la famiglia, gli amici e chi lavora con lui) e verso il territorio e la società dove vive.
Per ottenere questo deve uscire necessariamente dalla visione comune e diventa un bersaglio. Verrà attaccato non solo da chi informa, governa e comanda (l’establishment che crea la corrente di pensiero dominante), ma anche da tutti i membri della comunità che hanno paura che il “ribelle” alteri gli equilibri e la tranquillità a cui sono abituati.
Tutto questo significa uscire dalla zona di comfort. È duro e spesso porta a dolorose separazioni dalle nostre abitudini. Ci sarà resistenza, da parte degli altri ma anche dalla nostra psiche, che cerca preservarci nella sicurezza del gruppo, con le sue regole rassicuranti ma limitanti.
A questo punto dipenderà tutto dalla nostra forza di volontà. Avremo la forza di metterci in gioco, come è raccontato nel mito della caverna di Platone, oppure torneremo a guardare solo le false immagini di una realtà che gli altri hanno deciso per noi?
Pinuccio Massaiu